giovedì 31 marzo 2011

Città ecosostenibili: il modello berlinese

La tragedia di Fuskushima ha riaperto nelle ultime settimane il dibattito sulla sicurezza e la convenienza dell’utilizzo dell’energia nucleare. Peraltro, casualmente, tra poco più di due mesi (il 12 giugno) saremo chiamati a decidere, tramite referendum, se avallare o meno l’utilizzo di questa tecnologia, anche se sarebbe più corretto parlare di ritorno, visto che già dopo Chernobyl (1986) ci fu un referendum (1987) analogo con cui venne bandito dall’Italia il nucleare (anche se, in linea teorica, lo stop sarebbe dovuto essere di soli cinque anni).
Ma al di là della posizione che si può avere sul tema nucleare, la realtà è che, nel mondo, i progetti riguardanti l’uso di energia pulita si stanno facendo sempre più strada.
Ne è uno splendido esempio il piano varato dal borgomastro di Berlino Klaus Wowereit con il quale si conta di avere entro il 2020 centomila auto elettriche circolanti per la capitale
Il progetto è ambizioso ma è un emblema della capacità di dialogo fra poteri di estrazione culturale diversa in una democrazia efficiente come quella tedesca. Infatti, nonostante le distanze ideologiche tra potere centrale (governo di centrodestra guidato da Angela Merkel) e amministrazione locale (Wowerit è vicino alle posizioni della sinistra radicale) saranno stanziati 80 milioni di fondi pubblici. Il piano prevede la costruzione di colonnine per ricaricare le auto, incentivi per chi installa in casa propria un’adeguata presa per la corrente, l’appoggio della Mercedes e il contributo della Technische Universitaten per organizzare un network dei centri di ricerca. 
Ma soprattutto (ed è solamente così che l'auto elettrica diventa davvero pulita) le colonnine saranno rifornite dell’energia prodotta tramite eolico e fotovoltaico nel Land di Brandeburgo, lo stato circostante la capitale.
Insomma, un ottimo esempio ma anche un monito: il futuro è questo. Rendere concrete le tecnologie che ci permettono di deturpare il meno possibile un Pianeta che è già abbastanza avvelenato da lunghi decenni di indifferenza.
E penso a Milano, che non è mai stata protetta con un piano anti-smog che potesse incidere davvero, ma solo lasciata nelle mani di misure frammentarie e spesso del tutto inefficienti. E in una metropoli che domina le classifiche europee delle città più inquinate, una politica ambientale efficace sarebbe necessaria come l'ossigeno che non respiriamo più.



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domenica 27 marzo 2011

Falacosagiusta, la rivoluzione della mente

Un weekend a Falacosagiusta è un momento di svolta. E' una valanga di stimoli che ti piove addosso, una prova dura per il corpo e per la mente. E' un di quelle situazioni in cui potresti affermare chiaramente che le tue membra e il tuo pensiero, come in prossimità di un bivio, imboccano due strade diverse, costringendoti ad uno stato intermedio tra l'entusiasmo, l'eccitazione e la fatica.

Falacosagiusta quest'anno era gigantesca. Disposta su un solo piano, poi, sembrava non finrie mai. E ancora più del solito, gigantesco è il potenziale rivoluzionario insito nella sua idea di ambiente, di stili di vita, di sostenibilità, di consumi, di diritti, di uguaglianza, di cultura, di informazione, di politica.
Sì, di politica, che avrebbe tanto da imparare, lì.
Bisogna farsi portavoci di quella cultura, di quel modo così prezioso di stare insieme e di partecipare.
Costruire ponti, innescare connessioni, tendere mani.
Perchè è lì che si costruisce il mondo del futuro. Basta solo avere l'umiltà di ascoltare.



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giovedì 24 marzo 2011

Mafia a Milano: un problema di cui parlare

La notizia è della settimana scorsa, ma sono almeno cinque mesi che l’argomento è diventato di portata nazionale, ovvero da quando quel “piccolo” miracolo televisivo, Vieni via con me, attraverso un monologo di Roberto Saviano aveva sbattuto in faccia a tutti gli italiani, in prima serata, la cruda realtà della mafia al Nord.
Non che prima nessuno lo avesse fatto: il lavoro sopra e sotto il palco di Giulio Cavalli ne è una dimostrazione stimabilissima, ma si sa, quando si buca il piccolo schermo l’impatto è devastante.

Il 15 Marzo, dopo 3 anni di indagini sono state arrestate 35 persone presunte affiliate alla ‘ndrangheta.
La cosa che mi colpisce di più è il silenzio sull’argomento. Come se bastasse tacere per eliminare il problema, come se non si fosse consapevoli che il silenzio non fa altro che favorire la malavita.
Negli ultimi anni (come descritto nella relazione della Dia, Direzione investigativa antimafia, del 2010) in Lombardia la ‘ndrangheta si sta evolvendo e ramificando sempre di più. La notizia delle indagini e degli arresti, quindi, non rappresenta che la punta di un iceberg. Un iceberg che ci è sempre piaciuto pensare distante, ma che ora abbraccia le nostre vite da buoni settentrionali con perfido amore.

Era palese che presto la mafia sarebbe sbarcata definitivamente anche al Nord: la perfetta macchina commerciale va a gestire i propri affari là dove i soldi girano di più, e dopo aver dissanguato il Sud ecco i boss che fanno i summit tra le corsie del Galeazzi e nei circoli Arci della provincia, e che chiedono il pizzo ai locali notturni. Ma le indagini, soprattutto, svelano come la ‘ndrangheta abbia contribuito alle maggiori opere pubbliche e private della nostra città: l'ex Fiera al Portello, l'ex Ansaldo di via Tortona, il parcheggio di piazza XXV Aprile, le metropolitane in via Comasina e in viale Zara, il sottopasso di Lambrate, i lavori per la Statale 36 a Monza e tante altre).
È un problema macroscopico, un problema che si fa ancora più fragoroso nel silenzio delle amministrazioni locali.

Proprio oggi sulle pagine del Corriere (edizione nazionale) è riportata una lettera del Procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone,  in cui spiega nel dettaglio il fenomeno della ‘ndrangheta al Nord e, ancora una volta, invoca la rottura dell’omertà, la resistenza civile davanti ai soprusi della malavita.
Ma la reazione forte, oltre che dalla società civile, deve arrivare a livello politico e amministrativo. Prima di tutto cominciando a parlarne, lasciando stare l’emotività e l’orgoglio di appartenere al Nord, pensando che la mafia sia un problema del Sud soltanto. È una problema di tutta l’Italia, è forse il più grande problema, più grande della corruzione e dell’evasione fiscale, che spesso ci dimentichiamo essere consequenziali a una radicata criminalità organizzata in tutto il Paese.
Ma cosa può fare il potere politico, in particolare l’amministrazione di una città come Milano?
Controllare l’assegnazione degli appalti, anche con una commissione antimafia in vista dell’Expo (perché è proprio dal cemento che le cosche traggono la propria linfa vitale), contrastare lo spaccio di droga in tutta la “filiera” (la ‘ndrangheta gestisce il più grande traffico internazionale di stupefacenti col Sudamerica), incoraggiare e mettere in condizione i cittadini di denunciare fenomeni di illegalità, investire in percorsi di educazione alla legalità.

“Quando si parla di criminalità organizzata, arriva come una sorte di malinconia finale: cosa possiamo fare di fronte a tutto questo? In realtà non tutto è scuro, ed è fondamentale parlarne. […] Una delle cose che le organizzazioni temono di più è l’agire da uomini, l’agire con dignità, il non piegarsi, il non chiedere come un favore ciò che ci spetta di diritto […]. Nel momento in cui ognuno di noi non fa il male, sta facendo arretrare loro e sta forse sognando un’Italia diversa.”

(Roberto Saviano, Vieni via con me)


Per approfondire:
Milano, le mani dei clan sui locali vip
Saviano: la Lega dica perchè tace sulla mafia infiltrata al nord.
'Ndrangheta, l'allarme della Dia: interazioni con imprese lombarde
Le mani della 'ndrangheta sulla Lombardia



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mercoledì 23 marzo 2011

"Riprendiamoci Milano", alla fine dell'inverno


Il sole già tiepido del penultimo giorno di inverno ha retto abbastanza perchè qui sotto, sulla terra, a Milano, in piazza Fontana, si facesse un po' di rumore e si scaricasse un po' l'energia accumulata dal troppo silenzio imposto... per dire che "Milano l'è bela", solo se la possiamo colorare di musica e solo se possiamo rovesciare nelle sue strade quell'immenso carico di gioia e di festa che abbiamo dentro.
Eravamo tanti, sabato, a gridarlo.
Poi è arrivata domenica, e poi lunedì, e poi si dice che l'inverno sia finito. Primavera per gli uomini, ma non per la musica, che avrà bisogno di essere protetta, difesa e promossa ancora a lungo... lottando perchè arrivi presto quel giorno in cui potremo finalmente dire che anche per Lei, per davvero, il lungo inverno sarà terminato.



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martedì 8 marzo 2011

Oltre la Casa 139

La Casa 139 è uno storico circolo Arci milanese, una porta rossa sempre aperta, uno spazio di grande musica dal vivo e di cultura.
Da venerdì non è più così. All'ingresso campeggia il foglio apposto dalla polizia annonaria, con l'ordine di sequestro preventivo. Come spiega Angelo Brezza, presidente del circolo, gli illeciti contestati sono legati all'emissione "al momento" e al rinnovo delle tessere Arci sottoscritte in altri circoli.
Non voglio essere ipocrita: i circoli Arci godono di importanti agevolazioni fiscali, e non possono permettersi leggerezze e violazioni di legge, perchè non sarebbe altro che un furto alla leale concorrenza. Dunque se la situazione di illegalità è provata, è giusto che il circolo venga sanzionato.
Ma al dilà delle ragioni contingenti (che comunque qui appaiono decisamente pretestuose), è l'occasione per fare una riflessione sulle intenzioni di chi amminsitra al nostra città nei confronti degli spazi sociali, dei luoghi di aggregazione, di cultura, di musica.
A dire il vero, non che le occasioni per riflettere manchino. Le Scimmie, il Plastic, il Black Hole, l'Atomic (e il Rolling Stone?): stanno chirurgicamente rimuovendo pezzi di passato e di futuro, piazzando bombe ad orologeria nei luoghi che sono stati i nostri centri del mondo, quelli dove ci siamo incontrati, ci siamo confrontati, abbiamo passato ore in estasi ad ascoltare della buona musica dal vivo, abbiamo respirato l'aria sana della cultura, abbiamo avuto un'occasione per stare insieme senza spegnere il cervello. Stanno manomettendo i nodi nevralgici dell'incontro e della cultura popolare. Cercando di disattivare connessioni, disconnettere reti, sabotare idee.
O forse semplicemente cercando di chiuderci in casa. Perche a quanto pare è così che ci vogliono: lontani, taciturni, fedeli alla TV o (se proprio proprio vogliamo uscire) alle serate chic nei locali da uncocktaildodicieuro.
E dirlo, e scriverlo, mette un certo disagio, una sensazione di sconforto e di rabbia, perchè poi non possiamo mai credere fino in fondo che sia così. Non lo vogliamo credere. Ma forse lo è: i giovani fanno paura. La nostra voglia di vicinanza, di condivisione, il potenziale spaventoso di energia che può scaturire dai nostri nuclei a contatto.
Ma quali sono le politiche giovanili, se si cerca in tutti i modi di ostacolare la fioritura dei luoghi di catalizzazione di cultura giovane?
E di che politiche di sicurezza stiamo parlando, se non si è fatto altro che imporre coprifuochi, limitare gli orari di chiusura dei locali, svuotare le strade e recintare le piazze?
Non abbiamo paura nel gridare che questa non è la sorte che vogliamo per Milano, e non abbiamo paura nel dire che questa non è la sorte che Milano subirà.
Rivitalizzeremo i quartieri, li riempiremo di nodi diffusi di una meravigliosa rete di vivibilità, cultura, musica, teatro. Riempiremo i vuoti e coloreremo i grigi.
E' la nostra grande sfida generazionale.



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