venerdì 21 settembre 2012

Vivibilità urbana: dai giovedì di Milano alla California - parte 2/2

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E così sono arrivato in California, dicevo. In un posto che si chiama Long Beach, un postaccio tutto mare e cemento, da cui mai ti aspetteresti di poter prendere esempio.
E invece no.
L'hanno raccontato in tanti (tra cui, meglio di tutti, Tanya Synders su dc.streetsblog.org), e l'hanno raccontato anche molto meglio di come lo farò io qui.
Ma la sostanza è questa: per vincere la sfida della vivibilità urbana, per superare le difficoltà politiche, per mettere assieme le ragioni dei ciclisti e dei commercianti... basta fare due conti e la soluzione verrà da sè.
Che significa?
Significa che i pedoni e le biciclette, al contrario di quello che pensano in molti, possono portare grandissimi affari.
Dunque, la ragione principale per la quale i commercianti sono soliti opporsi alle infrastrutture per la mobilità ciclabile è che sono preoccupati che questo possa limitare la possibilità di parcheggio per le auto. Quando realizzano che nello spazio di un singolo posto auto ci possono stare 12 stalli per le biciclette... a volte cominciano a cambiare idea. Ma ancora meglio, cominciano a scoprire che i ciclisti possono diventare i loro migliori clienti.
Secondo April Economides, una consulente che ha aiutato proprio la città di Long Beach a costruire i "bycicle friendly business districts", "tendiamo sempre più a fare acquisti più vicino a casa e sempre più spesso. E invece che saltare in macchina per scappare nei grandi centri commerciali di periferia, i ciclisti sostengono il piccolo commercio nei nostri quartieri".
Il concetto di "slow" ha un valore monetario non trascurabile. I ciclisti viaggiano a una velocità più "umana", e questo permette loro di fermarsi molto più spesso a comprare qualcosa. Inoltre, come sottolinea Economides, "senza la macchina, si ha a disposizione un extra budget di almeno 6mila dollari ogni anno, che altrimenti sarebbero spesi in benzina e manutenzione". 
Non solo: secondo una ricerca di Intelligent Communities, solamente il 16% delle spese dei possessori di auto alimenta l'economia locale.I quattro distretti commerciali bike-friendly di Long Beach hanno permesso di costruire un modello che definisce i migliori strumenti per incoraggiare la mobilità ciclabile senza intervenire sulle infrastrutture. I commercianti locali considerano l'accesso delle bici come una vera fortuna per gli affari. Hanno costruito un programma informale di bike-sharing, e hanno messo in piedi il più grande programma nazionale di sconti specifi per i clienti che arrivano in bicicletta. Il programma, dunque, ha portato alla comunità una serie di benefici economici e non economici.
Due dei quattro distretti non avevano sufficienti infrastrutture per la ciclabilità, ma ora c'è molta più domanda, anche dagli stessi commercianti che erano sempre stati avversi.

Gli "open Streets", eventi in cui si chiudono le strade al traffico motorizzato perchè diventino dominio di pedoni, biciclette, skaters, rollerbladers, acrobati, sono un altro modo per aumentare il giro di affari del commercio locale. L'Università di Washington a St. Louis è stata capace di quantificare i benefici economici di questa iniziativa: il 73 percento dei partecipanti ha mangiato al ristorante o acquistato cibo sulla strada, e il 68 percento si è accorto della presenza di un negozio di cui ignorava l'esistenza.
Più o meno lo stesso di quanto avviene con altre semplici iniziative come i park(ing) day (tra poco anche a Milano!), in cui le persone creano parchi temporanei nelle aree parcheggio, i parklets, micro-parchi urbani ricavati da posti auto sottoutilizzati, o i pop-up cafés, spazi pubblici e liberi attrezzati con tavoli e sedie, che sostituiscono uno o due posti auto sulla strada, in cui tutti sono liberi di sedersi, per la felicità dei negozianti che godono gratis dei benefici.
"Andare in bici, proprio come camminare, aiuta a rendere una strada più interessante", sostiene Economides. "Aggiunge occhi e orecchie alla strada, e la rende più sicura." E se le strade sono sicure, sono più piene, e i commercianti sono contenti. Molto semplicemente.
Come se non bastasse, i benefici che derivano dalle politiche per la mobilità dolce non si fermano agli stimoli per il commercio locale. "Le proprietà che si trovano in aree pedonali o vicino a piste ciclabili valgono l'11% in più", afferma ancora Economides.
Insomma, la strada sembra tracciata.
Certo, gli attriti e le visioni partigiane, spesso accentuate dalle facili strumentalizzazioni politiche, non si cambiano dall'oggi al domani. E oggi, a Milano, siamo ancora nella fase in cui le iniziative per la mobilità dolce e sostenibile sono vissute all'interno di uno scontro troppo ideologico e irrazionale.
Quello che conta è avere le idee chiare, non farsi intimorire dai primi ostacoli, e liberare tutta la fantasia. Sarà anche la creatività a rendere più dolce e indolore il processo di transizione verso una città più vivibile per tutti quanti.


Vivibilità urbana: dai giovedì di Milano alla California - parte 1/2

Me l'hanno spiegato, non ho capito.
Ci ho provato, me l'hanno rispiegato due, tre, quattro volte, ma ho continuato a non capire.
I giovedì di Milano sono una piccola macchia scura su una candida scelta, quella dell'area C, che continuo a ritenere preziosa, vincente, avvincente.
Nati da una proposta di Confcommercio, dovevano essere i giovedì della grande Milano che vive, la metropoli che si incontra, che cammina, che si riscopre aperta, la città che ama la strada, che ha fame di cultura, che compra. Rimandati per mesi e mesi, dovevano essere orchestrati da una regia pubblica, in grado di mettere assieme tutti i pezzi dell'offerta cultural-commerciale della città, rendendo vivi i quartieri fino a tarda sera.
Ieri, la partenza.
Ma le vetrine sono rimaste spente, le saracinesche abbassate, i teatri aperti o chiusi come al solito, i cinema con il normale andirivieni di coppiette e di compagnie. Niente di nuovo.
Anzi, no. Le strade. Quelle invece sì che erano vive. Vivissime e rumorosissime delle quasi diecimila auto in più che si sono riversate nelle strade del centro tra le 18 e le 19.30.

E poi ci si guarda attorno. Lontano, in Europa, oltre. Per ricercare i lumi della ragione, i segni della saggezza politica, la traccia delle migliori esperienze amministrative da cui possiamo trarre qualche insegnamento per il nostro presente milanese.
Insomma, dopo tutti i passi avanti che abbiamo fatto, dopo tutte le scelte coraggiose, dopo aver finalmente posto le basi per una rivoluzione della sostenibilità e della vivibilità... possibile che dobbiamo aprire il centro alle macchine per rendere viva questa città?
Ed è così che sono arrivato in California. Per la verità forse c'entra poco ma non so, secondo me in fondo in fondo sta tutto assieme. Il posto si chiama Long Beach. Uno di quei postacci tutto mare e cemento, da cui mai ti aspetteresti di poter prendere esempio.
E invece no.

[continua...]


giovedì 13 settembre 2012

Aspettando Area C

Il 17 settembre ritornerà.
Finalmente, dico. Anche perchè i dati hanno dimostrato chiaramente che la sperimentazione di Area C ha funzionato, centrando tutti gli obiettivi che ci si era prefissati.
Soprattutto, arrivando dove Ecopass si era fermato: riducendo cioè l'utilizzo spopositato (in relazione alle alternative di trasporto pubblico) dell'automobile da parte dei residenti del centro.
Aspettando il ritorno, dunque, ecco qualche numero per fare ulteriore chiarezza. Ci aiuta Andrea Boitani, che ha pubblicato questo articolo su lavoce.info il 10 settembre.

AREA C, UN SUCCESSO. E PUÒ RINASCERE
Sospesa da una discussa ordinanza del Consiglio di Stato, torna la congestion charge milanese. Intanto, i dati mostrano chiaramente che Area C è stata un successo. Ha ridotto gli ingressi in città del 34 per cento. La minor congestione ha contribuito al calo delle emissioni di tutti i principali inquinanti locali. La velocità dei mezzi pubblici di superficie è aumentata del 6 per cento e gli incidenti sono scesi del 28 per cento. Paradossalmente, proprio la sospensione estiva ha fatto piazza pulita della tesi che la riduzione del traffico fosse dovuta alla crisi economica.

Non tutte le ordinanze del Consiglio di Stato vengono per nuocere. O meglio, anche se danni ne fanno, e parecchi, riescono a far emergere informazioni interessanti per i policy makers e per gli appassionati del genere (senza che i togati consiglieri se ne avvedano). Ecco la storia.

L'ORDINANZA DEL CONSIGLIO DI STATO
Il 25 luglio scorso, una sezione del Consiglio di Stato presieduta da Luciano Barra Caracciolo, emanava l’ordinanza 2898 con cui sospendeva l’esperimento milanese di regolazione del traffico cittadino, noto come “Area C”. Lo sconcerto e lo stupore per la carenza di motivazione dell’ordinanza (ma alcuni giuristi mi dicono che è normale nell’accoglimento delle “istanze cautelari”) hanno lasciato spazio a scientifica soddisfazione quando alcuni dati circa gli effetti della sospensione sono stati resi noti. Questi dati, infatti, consentono di confutare una tesi che i detrattori di Area C hanno spesso esposto con baldanza, anche se privi del conforto dei numeri. La tesi, in sintesi, è che la riduzione del traffico registrata a Milano in Area C dall’inizio dell’esperimento è dovuta principalmente alla crisi economica e all’esosità fiscale del governo Monti, che hanno reso tutti un po’ (o molto) più poveri e hanno ridotto la circolazione dei veicoli in tutta Italia. I dati raccolti dall’Agenzia mobilità ambiente e territorio di Milano (www.amat-mi.it/documenti/monitoraggio-area-c/, che rilevano gli ingressi ora per ora in Area C, ci dicono che il contributo della crisi economica alla riduzione del traffico è ridotto e che, invece, l’effetto di area C è stato notevole.

I NUMERI PRIMA, DURANTE E DOPO AREA C
Ma andiamo con ordine e diamo prima una rapida occhiata ai risultati ottenuti a fine giugno dal provvedimento invocato dal 79 per cento dei votanti milanesi (il 49 per cento degli aventi diritto) nel referendum del 13 giugno 2011, deliberato dalla giunta Pisapia il 4 novembre 2011 ed entrato in vigore il 16 gennaio di quest’anno.
In questo periodo, dunque, gli ingressi nell’Area C si erano ridotti in media del 34 per cento rispetto a quelli verificatisi nel 2011, quando sulla stessa area (quella compresa nella cosiddetta cerchia dei Bastioni) era già attivo l’“ecopass” istituito dalla giunta Moratti. L’obiettivo fissato dall'amministrazione comunale era una riduzione degli ingressi compresa tra il 23 e il 28 per cento. Si può dire, quindi, che l’obiettivo fosse stato abbondantemente raggiunto e, anzi, superato. Nella più ampia area milanese, nel periodo gennaio-maggio 2012, si era registrata una riduzione media del traffico rispetto allo stesso periodo del 2011 pari al 6,9 per cento, che sale al 7,6 per cento se si guarda alla fascia oraria (7,30-19,30) in cui l’ingresso all’Area C è sottoposta a pedaggio (5 euro, ridotti a 2 per i residenti, oltre i primi 40 ingressi gratuiti).
La velocità commerciale dei mezzi pubblici di superficie era aumentata del 6 per cento e gli incidenti si erano ridotti del 28 per cento.
La minor congestione aveva contribuito al calo delle emissioni di tutti i principali inquinanti locali: Pm10 totale (-22 per cento), ammoniaca (-15 per cento), ossidi di azoto (-20 per cento), anidride carbonica (-22 per cento) e le concentrazioni di Black Carbon risultavano significativamente più basse che nella fase precedente l’avvio del provvedimento (fino a -40 per cento).
Area C dunque era risultato un successo, migliorando quanto già ottenuto da ecopass, vale a dire una riduzione media del traffico nell’area del 16 per cento rispetto alla situazione precedente in cui si entrava senza alcuna limitazione. Rispetto alla situazione “liberi tutti”, con Area C gli ingressi sono diminuiti del 45 per cento. Particolarmente significativo è che Area C sia riuscita a ridurre fortemente gli ingressi sistematici (dove invece l’ecopass non era riuscito): oltre il 44 per cento degli ingressi in Area C sono stati “occasionali”, cioè di veicoli entrati un solo giorno su 113 e il 75 per cento dei veicoli sono entrati per non più di cinque giorni. Solo il 3 per cento dei veicoli è entrato per almeno il 50 per cento dei giorni. L’impatto sui residenti - stando ai numeri forniti da Amat - sembrerebbe meno devastante di quanto paventato dalle loro associazioni: oltre l’8 per cento dei residenti in Area C non aveva effettuato alcun ingresso in 113 giorni, mentre solo il 19 per cento aveva esaurito i 40 ingressi gratuiti e (mantenendo la stessa media di ingressi) avrebbe dovuto spendere mediamente circa 80 euro nel secondo semestre. Il che, considerando che l’Area C è abitata dai cittadini a reddito più elevato e che è la meglio servita dai mezzi pubblici (notoriamente molto sussidiati) può essere considerato un esito abbastanza equilibrato sotto il profilo distributivo.
Poi è arrivata l’ordinanza deliberata dal Consiglio di Stato nella canicola di fine luglio. Già nel primo giorno di sospensione gli ingressi erano aumentati del 26,4 per cento. Analizzando però i primi cinque giorni dopo l’ordinanza e confrontandoli con gli ultimi cinque di attivazione di Area C, si è riscontrato un aumento degli ingressi pari al 52 per cento, con crescita delle emissioni di tutti gli inquinanti: +42 per cento l’ammoniaca; +16 per cento l’anidride carbonica; il Pm10 allo scarico è aumentato del 5 per cento, il Pm10 totale del 9 per cento e gli ossidi totali di azoto del 10 per cento. Negli ultimi cinque giorni di luglio, dunque, il traffico risultava di circa un punto superiore a quello registrato in media quando vigeva ecopass. Considerato che il regime successivo all’ordinanza del Consiglio di Stato equivale a un “liberi tutti”, come prima dell’adozione di ecopass nel 2008, che lo stesso ecopass aveva ridotto gli ingressi (in media) del 16 per cento e che (come detto) Area C aveva portato la riduzione al 45 per cento, si può concludere che al massimo il 15 per cento della riduzione di traffico rispetto a una situazione senza alcuna forma di tariffazione è attribuibile alla crisi economica, mentre il 30 per cento è attribuibile ad Area C.
Confortati da questo risultato, si può salutare con speranza la decisione della giunta milanese di far ripartire Area C il 17 settembre. È augurabile che, questa volta, la delibera non si presti a sospetti formali da parte dei giudici amministrativi (ammesso che quella del 2011 si prestasse). E che i provvedimenti per limitare la congestione nelle zone esterne ad Area C vengano presi con rapidità ed efficacia. Chissà, Milano potrebbe diventare un esempio da imitare per altre grandi città italiane.