martedì 24 settembre 2013

La cura dell'arte pubblica

Non ho mai pensato che i Cleaning Day fossero la risposta al graffitismo vandalico.
In 4 anni, l’amministrazione Moratti spese 35 milioni per la pulizia dei muri.

I risultati? Sotto gli occhi di tutti. I muri della città sono sporchi come prima.
Per questo sono convinto che, per ottenere risultati migliori, si debba cambiare completamente la prospettiva. Con un po’ di coraggio, spostare e l’attenzione su un piano diverso.
Con un ventesimo di quei 35 milioni, ad esempio, potremmo costruire, in collaborazione con tutte le Zone di decentramento, un festival cittadino di arte muraria che coinvolga tutta Milano (dai migliori artisti che abbiamo in città  alle nuove generazioni, stimolando imprenditoria artistica e costruendo percorsi educativi con le scuole), promuovere una campagna di comunicazione contro il graffitismo vandalico, valorizzare il nostro patrimonio dal centro ai muri storici delle periferie, ed educare alla differenza tra arte e vandalismo, contribuendo a risolvere buona parte del problema del degrado dei nostri muri.
Il graffitismo vandalico si alimenta di frizioni e conflitti. Quei conflitti che, troppo spesso, le passate Amministrazioni hanno cercato e voluto, con risultati molte volte discutibili e pratiche di contrasto poco efficaci e durevoli per il decoro di tutta la città: la strategia della repressione è sempre stata un fallimento, ovunque, e ha portato a sperperare denaro pubblico.
Se il cleaning day ha costi intorno ai 10 mila euro, proprio qualche giorno fa, in via Lombroso, le commissioni cultura e politiche sociali del Consiglio di Zona 4 (in collaborazione con Sogemi) spendendo solo 1.000 euro di contributi per i laboratori di pittura per i bimbi, hanno promosso un intervento di riqualificazione urbana, che ha coinvolto associazioni, scuole e un gruppo di artisti milanesi, restituendo alla città un muro della superficie pari a quella che verrà ripulita domenica, durante il Cleaning Day.
Naturalmente tutto questo non significa che i muri non vanno puliti: è fin troppo ovvio che sia vero il contrario. Credo però però che - pena il fallimento delle nostre azioni - dobbiamo prestare la massima attenzione a cosa facciamo e con chi lo facciamo. Perché, paradossalmente, Milano ha visto la sua peggiore devastazione quando è iniziata la fase più repressiva: da questo tipo di scontro è dura uscirne "vincitori" servendosi dei i metodi di sempre (e la realtà è lì a dimostrarlo).
Oggi abbiamo davanti due strade: continuare a ricalcare le azioni fallimentari del passato, oppure provare strade nuove. La scelta, in Europa, l’hanno già fatta, e ha funzionato.
Ora tocca a noi.

[Considerazioni e proposte condivise con Paola Bocci, pensando al Cleaning day del 29 settembre]

giovedì 11 luglio 2013

Registro sulle vololontà del fine vita, un altro piccolo passo sulla strada dei diritti

Abbiamo approvato la delibera di iniziativa popolare che istituisce il registro sui trattamenti sanitari di fine vita (o meglio, il Registro delle attestazioni di deposito in merito alle dichiarazioni anticipate di volontà sui trattamenti sanitari di fine vita).
D'ora in poi, il Comune potrà ricevere e conservare un documento che attesta dove e presso chi un cittadino ha lasciato le proprie disposizioni su trapianti di organi, cremazione, e soprattutto trattamenti medici che intende o non intende consentire su di sé, quando si ritrova in una situazione di perdita di coscienza permanente e irreversibile.
L’iscrizione al Registro averrà nella forma di dichiarazione sostitutiva di attore notorio, potrà essere richiesta da tutti i residenti del Comune di Milano e il venir meno della residenza non comporterà la cancellazione. I cittadini potranno comunque, in ogni momento, chiedere la modifica o la totale rimozione della dichiarazione. I dichiaranti potranno anche nominare dei fiduciari che avranno il compito di collaborare all’attuazione delle dichiarazioni.
E' un passo piccolo ma importante, ma è chiaro che senza un intervento del Parlamento che colmi questo vuoto legislativo, la strada dei diritti sarà sempre in salita.

venerdì 5 luglio 2013

PUMS. Quando una "S" fa la differenza

Di cattiva mobilità si può morire.
Muoiono le città, quando diventano prigioniere di uno sviluppo urbanistico e infrastrutturale unicamente asservito trasporto privato; muoiono i suoi cittadini, lentamente, perdendo, senza accorgersene, la libertà di spostarsi e di godersi le bellezze della propria città.
Milano, per troppo tempo, si è attorcigliata nui suoi circoli viziosi, mix diabolici di alta concentrazione di automobili (55 ogni 100 abitanti, record in Europa), investimenti sbagliati (il tunnel di Gattamelata è solo l’ultima memoria di infiniti disastri), conservatorismi e scarsa capacità di visione.
Ma a volte, una “S” può fare la differenza. Quella “S” che ha innalzato il vecchio PUM (Piano della Mobilità) a PUMS (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile), vera e propria anima della strategia di transizione ecologica su cui ci giochiamo la qualità del futuro della nostra città.
Da mesi ormai l’esperienza di successo di Area C è diventata testimonianza ambita e preziosa nei convegni sulla sostenibilità urbana di tutta Europa.
Ma con il percorso iniziato ieri, l'avvio del confronto sul nuovo Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, si fa ancora di più. Con coraggio, imbocchiamo la strada che getterà le basi per una svolta tangibile nel sistema di mobilità della nostra città, proiettandoci verso le migliori pratiche europee di sostenibilità urbana. Sviluppo delle infrastrutture per il trasporto pubblico, promozione di isole pedonali, ambientali ed ecologiche, supporto alla mobilità dolce, promozione della mobilità elettrica, smart, pulita e condivisa, attenzione alla sicurezza stradale, innovazione della logistica urbana, abbattimento delle barriere architettoniche.
Sono i principali cardini su cui si svilupperà il percorso dei prossimi sei mesi, aperto alla città e ai soggetti istituzionali e non istituzionali che avranno interesse a partecipare.
Per tutti potrà essere un'occasione per ridisegnare le forme e il senso della nostra città. Basterà saperla sfruttare, senza ideologia, senza strumentalizzazioni, e magari senza accusare chi lavora per fare di Milano una città più vivibile di essere arcaici o contadini, "con le carrozze e i calesse al posto delle auto”.




giovedì 11 aprile 2013

Tutta la verità sul piano Rom

Tutto è iniziato con un articolo di Libero del 9 aprile: "Trentamila euro a famiglia. Ecco il regalo di Pisapia ai Rom". Due pagine di menzogne e falsità ben congegnate, preparate nei dettagli per innescare la solita bomba dell'odio facile.
Poi, come previsto, la rete si scatena. Questa è solo una delle tante pagine che ha rilanciato la bufala, alimentando un'onda di odio e di razzismo da brividi.
Con fatica, abbiamo tutti provato a raccontare la verità. Ma si sa com'è, una volta accesa la miccia... è quasi sempre troppo tardi.
Ma tant'è, eccoci qui. Vale sempre e comunque la pena provarci, non arrendersi davanti alla disinformazione che sa tanto di calunnia.
Ecco dunque.
Il “Piano Rom” fu varato nel 2008 dal ministro dell’Interno Maroni (Governo Berlusconi). Riguardava Milano, Napoli e Roma. Per la nostra città furono stanziati 13,6 milioni di euro. Nel provvedimento fu previsto anche che i prefetti diventassero “commissari” per la realizzazione degli interventi.
L'allora Giunta Moratti spese 8 milioni. Come? Principalmente chiuse il campo di via Triboniano. Progettò la riqualificazione dei campi di via Chiesa Rossa e Martirano ma senza finire i lavori. Diede 15mila euro alle famiglie Rom che dichiaravano di voler tornare nei paesi di origine.
A Milano ovviamente i campi non sono mai scomparsi e molti Rom dopo un breve passaggio nei paesi di origine sono tornati in città. Il 16 novembre 2011 il Consiglio di Stato bocciò il “Piano Rom” della Giunta Moratti contestando il fatto che la presenza di Rom fosse definibile come emergenza, quando invece si tratta di una presenza ordinaria.
Il mese scorso l’attuale Giunta, realizzando un nuovo progetto, è riuscita a farsi restituire i soldi non utilizzati che erano stati bloccati dalla Prefettura e restituiti al Governo.
Sono 5 milioni di euro di fondi statali, ovviamente vincolati ad azioni per la gestione della presenza di Rom. E' quindi del tutto priva di ogni fondamento l’ipotesi che siano dati 30mila euro a famiglia Rom... Il "Piano Rom" non prevede affatto di destinare ai Rom alcuna somma di denaro.
Le azioni che verranno messe in atto, concordate con Governo e Prefettura e completamente finanziate dallo Stato, sono di tre tipi:
  • Allontanamenti programmati dai campi abusivi e messa in sicurezza dei terreni per impedire la rioccupazione (come nel campo di Bacula);
  • Offerta di ospitalità nei  centri di emergenza sociale, dormitori gestiti da Protezione civile, Terzo settore e controllati dalla Polizia locale (es: via Barzaghi), per evitare che siano occupate altre aree. (Nelle prossime settimane ne verrà aperto un secondo, in un’area abbandonata al degrado e oggi soggetta a occupazioni di Rom);
  • Percorsi di integrazione che prevedeno, a fronte dell’assistenza, l’obbligo a mandare i figli a scuola, seguire un percorso di formazione professionale, collaborare eventualmente con i servizi sociali.
In questo modo il Comune sceglie di offrire dignità e richiedere il rispetto delle leggi, e ciò è possibile solo puntando sulla cancellazione delle strutture abusive contestualmente alla creazione di realtà legali.
Come d'altronde si diceva in campagna elettorale: "con i Rom, come mostrano una serie di esempi positivi, è possibile fare passi avanti, innanzitutto perché nella maggioranza dei casi si tratta di cittadini italiani o comunitari. E’ del tutto evidente che vanno contrastate le forme di sfruttamento dei minori e le attività illegali. Ma questo non è in alcun modo di impedimento per politiche positive: è possibile affrontare il problema della casa – guardando per esempio alle esperienze di autocostruzione; facilitare attività legali di artigianato e intrattenimento musicale, impegnarsi per la frequenza dei bambini a scuola e preparare l’uscita dalla esperienza comunque negativa dei campi".

venerdì 18 gennaio 2013

Expo 2015: a che punto siamo?

Qualche giorno fa ho fatto un gioco.
Camminando in piazza del Duomo, ho chiesto a una cinquantina di passanti se sapessero qual è il tema di Expo 2015, il senso dell’evento, la ragione ultima per la quale più di 100 paesi e 20 milioni di visitatori si catapulteranno a Milano, tra maggio e ottobre del 2015. Solo in sette sapevano, circa il 15 percento. Senza alcuna pretesa di trarne un dato statisticamente significativo, quello registrato è forse il sentimento di una città che si sente, ancora e sempre più pericolosamente, esclusa e lontana dal comprendere l’essenza di un evento che, secondo i piani, dovrebbe costituirsi come un momento unico, straordinario e universale, volano per l’economia del territorio (grazie ai 34 miliardi di euro di benefici economici e ai 70mila posti di lavoro stimati), nonché preziosa arena di confronto sulle tematiche dell’alimentazione e dell’energia.
Senza dubbio, con “solo” ottocentocinquanta giorni davanti, è naturale che il 2013, come più volte sottolineato dall’ad di Expo Giuseppe Sala, sarà l’anno della verità, sotto tutti i fronti. Per quanto riguarda i cantieri del sito espositivo, ad esempio, oggi se ne contano tre, con circa 200 operai al lavoro: quello per l’eliminazione delle interferenze (chiusura prevista nell’aprile 2014), quello per l’allestimento del campo base per le maestranze, e infine quello per la costruzione delle infrastrutture di base (la cd. “piastra”, che dovrebbe concludersi nell’autunno del 2014). Sono state chiuse 13 gare d’appalto e altre 6 sono in corso di aggiudicazione; a stretto giro, poi, sono in arrivo almeno altri tre bandi fondamentali: quello per il Media Center, l’Expo Center e le architetture di servizio, per una spesa complessiva che supera i 100 milioni di euro. Entro la fine del 2014 dovrebbero concludersi i lavori per i manufatti e le infrastrutture, per poi sorgere, entro marzo del 2015, i padiglioni dei Paesi partecipanti, che dopo la firma di Laos, Ordine di Malta e Zimbabwe, hanno raggiunto quota 116.
Dal punto di vista del messaggio e dei contenuti, i passaggi sono ugualmente stretti e obbligati. Da una parte il mondo del no profit scalpita: già nell’ottobre 2011, sotto un cappello che racchiude quasi 50 associazioni (tra cui Acli, Arci, Legambiente, Action Aid, Agesci, Mani Tese, Oxfam, Save the Children, WWF), è stato lanciato il “manifesto per l’Expo dei popoli”, che sintetizza una serie di contenuti, impegni e richieste per far sì che l’appuntamento del 2015 possa essere valorizzato all’interno di un percorso più ampio di consapevolizzazione intorno al valore dei beni comuni, e di scelte politiche orientate allo sviluppo civile, all’equità, alla lotta alla povertà.
Dall’altra, Comune e società Expo sono accusati di una scarsa attenzione e di un colpevole ritardo. Il punto di unione tra l’evento Expo e il mondo del no profit, oggi, si chiama soprattutto cascina Triulza. Finalmente, dopo una lunga serie di sollecitazioni, il 31 dicembre 2012 è stato emesso l’avviso pubblico relativo all’ “individuazione del concessionario del servizio di gestione e valorizzazione dell’immobile”, con cui verranno selezionati i soggetti del Terzo Settore che, per il periodo dell’Expo, saranno responsabili della gestione e della valorizzazione della cascina, attraverso una serie di eventi e attività finalizzate ad alimentare il dibattito sul tema dell’agricoltura, della nutrizione e della sostenibilità.
Ma già un mese prima, durante la seduta della commissione Expo del Comune di Milano, Sergio Silvotti, portavoce del Forum del Terzo Settore, aveva evidenziato le enormi difficoltà che le associazioni avrebbero dovuto affrontare nel reperire per tempo i finanziamenti da banche e sponsor, di fronte al grave ritardo della società nel pubblicare il bando. Già, perché se la ristrutturazione dell’immobile è interamente a carico della società Expo, i costi della programmazione saranno invece a carico del gestore, che potrà (e dovrà) avvalersi di sponsorizzazioni e finanziatori terzi. Un ulteriore nodo ancora da sciogliere, che crea malumori e preoccupazioni nel mondo del no profit, è quello della durata della gestione, e quindi, di riflesso, della sostenibilità economica della stessa. Se da una parte infatti il bando prevede una collaborazione a tempo determinato (i sei mesi di Expo), le associazioni vorrebbero invece avere garanzie dal Comune del fatto che cascina Triulza rimarrà, nel dopo Expo, polo del volontariato e del no profit, nonostante la già prevista apertura, nel 2014, di “Vo.Ce”, la nuova Casa del Volontario in zona Repubblica.
Paolo Petracca, presidente delle Acli provinciali di Milano nonché referente per “Expo dei Popoli”, si dice “diviso tra un sentimento di speranza e di disperazione, scoraggiato dallo scarso interesse dimostrato dalle istituzioni rispetto a tematiche così importanti per l’umanità, che pur sono state sostenute a livello di protocolli di intesa, ma comunque speranzoso per i prossimi passi da fare insieme”. Insieme, e con decisione, pena un Expo di strade, canali e grattacieli, ma privo dell’ingrediente più importante: la forza di un messaggio dirompente che faccia emergere in ciascuno il senso di urgenza nel costruire un mondo sostenibile ed equo, ora.

[da Unimondo.it]


mercoledì 16 gennaio 2013

Buon compleanno Area C!

Un anno fa era il 16 gennaio 2012. Si inaugurava Area C, pietra miliare di una nuova strategia per la vivibilità urbana a Milano, risposta alla volontà popolare emersa in un referendum, ed evoluzione di un progetto -Ecopass- che dopo aver fatto egregiamente il suo dovere era giunto al capolinea della sua efficacia.
Oggi, un anno, dopo, è tempo di bilanci.
E se gli obiettivi di Area C, com'è vero, sono:
  • la riduzione della congestione da traffico, 
  • la diminuzione dei tempi di percorrenza, 
  • la riduzione della domanda di sosta su strada e dei tassi di incidentalità, 
  • il taglio delle emissioni inquinanti da traffico, 
  • la riduzione del rischio sanitario legato all’inquinamento,
  • l’aumento degli spostamenti sui mezzi pubblici e 
  • la possibilità di investire risorse per lo sviluppo della mobilità sostenibile, 
...allora, a guardare i numeri, possiamo sorridere: tutti sono stati raggiunti.
Il calo medio del traffico rispetto al 2011, in un anno, è stato di oltre il 31%, con circa 41.000 ingressi in meno ogni giorno. Fuori dalla cerchia dei Bastioni le auto si sono ridotte del 7%. Confermata anche l’assoluta prevalenza di ingressi occasionali, con oltre l’81% dei veicoli entrati per meno di dieci volte in un anno. Infine, oltre il 70% dei veicoli intestati ai residenti non ha superato i 40 ingressi gratuiti annuali. 
Parallelamente, sono state finanziate altre opere chiave per la mobilità: dai quasi 4 milioni per il parcheggio di interscambio a Comasina ai 3 milioni per le Zone 30, fino ai 20 milioni per creare e riqualificare corsie e piste ciclabili.
Le risorse del 2012 di Area C (in totale, oltre 20 milioni 300mila euro: qui il bilancio economico) sono arrivate per il 48% da titoli cartacei e parcometri, per il 30,4% da Telepass, per il 12,5% da Pin attivati su areac.it, per l’8,5% dalle attivazioni di Rid (possibili fino a settembre 2012) e per lo 0,6% da attivazioni effettuate agli sportelli bancomat di Intesa Sanpaolo.


Come promesso, poi, Area C ha consentito all'Amministrazione di reinvestire tutte le risorse in opere di mobilità sostenibile, a partire dall'aumento delle corse dei mezzi pubblici e delle stazioni del BikeMi. Grazie ad Area C, infatti, oltre 13 milioni di euro, al netto dei costi di gestione del servizio (7 milioni 100mila euro), sono stati destinati al potenziamento di metropolitane, tram e autobus e all’attuazione della seconda fase del bike sharing.
Con i 10 milioni per i mezzi pubblici è stato possibile potenziare 14 linee di superficie in tutta la città, tra tram e autobus, con quasi 300 corse in più al giorno, e aumentare il numero di corse di tutte le metropolitane (36 in più al giorno), sulle quali è stato anche esteso l’orario di punta (fino alle 10 del mattino, anziché fino alle 9). Inoltre, grazie agli ulteriori 3 milioni di euro sono state portate fuori dal centro le stazioni del BikeMi: da marzo 2012 a oggi sono passate da 120 a 166 (+ 38%), per oltre 2.800 bici in circolazione, e supereranno quota 200 nei prossimi mesi, con un aumento del 75% (qui le linee potenziate dei mezzi pubblici e qui l’elenco delle 46 nuove stazioni BikeMi attivate da marzo 2012 a gennaio 2013).


Infine, pur non potendo avere effetti strutturali sulle concentrazioni di altri agenti inquinanti, Area C ha ridotto in questo primo anno le emissioni di PM10 allo scarico (-10% rispetto al 2011, e del 58% rispetto al 2008), PM10 totale (-18% rispetto al 2011, -39% rispetto al 2008), ammoniaca (-42% rispetto al 2011, -71% rispetto al 2008), ossidi totali di azoto (-18% rispetto al 2011, -43% rispetto al 2008), biossidi di azoto (-25% rispetto al 2011, -45% rispetto al 2008), anidride carbonica (tra -35% e -38% rispetto agli anni precedenti).
Dall’ultima campagna di monitoraggio del Black Carbon, poi, effettuata dall’1 al 28 ottobre 2012 in due siti, uno interno e uno esterno alla Ztl Cerchia dei Bastioni, emerge che le concentrazioni di Black Carbon sono più basse in Area C in media del 33% nella prima settimana (con riscaldamenti spenti) e del 12% nell’ultima settimana (con riscaldamenti accesi). In particolari giornate, le medie di riduzione hanno raggiunto quota -52% (prima settimana) e -24% (ultima settimana).
Buon compleanno, Milano!